domenica 17 aprile 2011

Godzilla contro Mothra

Partiamo dal fatto che se considerate i film di super-mostri giapponesi spazzatura potete tranquillamente smettere di leggere queste parole e dedicarvi a passatempi più proficui come la raccolta di francobolli, o il suicidio sociale.


State ancora leggendo?
Ottimo.

Dalla ricca saga di Kaiju Eiga (Cinema dei Mostri), inaugurata dal maestro Ishiro Honda nel 1954 con il primo Godzilla, saltiamo al 1992, in Godzilla contro Mothra ( ゴジラVSモスラ - Gojira tai Mosura ) di Takao Okawara.
Per i meno avvezzi al genere è quasi d'obbligo specificare che questi film, alla loro origine, hanno piena dignità artistico-cinematografica, quasi del tutto persa ai nostri occhi "occidentali", in questo, ad esempio, sarà per noi difficile non sorridere rispetto a qualche quadro.
Il "mostro protagonista", Mothra (Mosura) è una divinità-falena apparsa per la prima volta sugli schermi nell'omonimo film del 1961 di Ishiro Honda, che già nel 1964 la fa scontrare con Godzilla in Mothra Vs. Godzilla, in Italia pubblicato come Watang! Nel favoloso impero dei mostri.


L'inizio del film è segnato dalla minaccia del risveglio di Godzilla dal fondo dell'oceano causato dall'atterraggio di un misterioso asteroide, in realtà l'uovo di Mothra, come verremo a sapere più tardi.
Salto spazio-temporale, un mese dopo, in Thailandia, una versione orientale di Harrison Ford scampa dal crollo di un tempio da dove ha appena sottratto-recuperato una statuetta nascosta, accolto all'esterno da un drappello di poliziotti.
Una volta arrestato lo scopriamo essere un ex professore di archeologia dal passato non troppo tranquillo, Fujito Takuia, a cui viene offerta libertà in cambio del recupero dell'asteroide, caduto sull'isola di un impresario giapponese, rendendone impossibile uno sfruttamento economico.
Su quest'isola, oltre l'uovo-meteorite, si trovano le Cosmos due "fatine" rappresentanti della prima società che abitò la Terra, distrutta dall'intervento di Battra, alter ego "cattivo" di Mothra; queste mini-sacerdotesse-kawaii sono ancora su questo pianeta per evitare che la storia si ripeta: la Terra è un essere vivente e in quanto tale va rispettato, il prezzo da pagare altrimenti è il risveglio dei suoi guardiani e dei loro poteri devastatori.

Infatti, non troppo velata è la morale ambientalista: sono varie le frasi pro-natura che si susseguono durante tutto il lungometraggio, che, contestualizzate in modo "crono-topico", potrebbero esser viste come una sorta di Cassandra.

Immancabile nel finale è una battaglia tra macro-mostri, un tutti contro tutti colossale.
Anche in questo caso bisogna tenere conto degli anni in cui la pellicola è stata girata, sarebbe piuttosto sciocco deridere gli effetti speciali usati paragonandoli con quelli attuali.

Sicuramente non il migliore del genere, ma di sicuro merita una visione.


A Voi.

mercoledì 13 aprile 2011

Cabal




Eccoci a un altro titolone degli anni 90 che troppo spesso cade dimenticato anche dagli amanti del genere horror, non propriamente di serie B: Cabal.



Tra l'altro uno dei titoli più belli del mondo per un horror, azzeccato poi per quel che è il film.
In soldoni un baldo giovane di nome Boone è tormentato ogni notte da spaventosi incubi che hanno come protagonisti mostri orrendi e creature fantastiche, ma il problema è che i sogni hanno tutti un filo comune, Boone si costruisce una vera e propria mitologia personale su un mondo chiamato Midian, popolato da questi mostri, in cui ogni mostro può trovarsi a casa sua.



Problemino? Boone, in cura da uno psichiatra un pò deviato, si convince, grazie a quest'ultimo, di essere un efferato assassino sterminatore di famiglie (PERCHE'? Prima bufalata malandra da filmaccio).

Dunque a questo punto Boone si crede un assassino, sogna i mostri e il suo psichiatra è molesto in maniera evidente, cosa mancava se non un ricovero all'ospedale dove il nostro equilibrato eroe incontra un losco figuro armato di tagliagole da pollice (Ma che cazzo...) ?



Ecco, questo personaggio è parecchio interessante invero, è un metallaro panciuto sui trentacinque che ha le stesse manie di Boone su questa fantomatica Midian e gli rivela (TADAAA) il luogo in cui si trova il fantastico regno, ah, subito dopo si scortica la faccia per sport con quelle armi ridicole di poco sopra...

Il resto della storia non ve lo rovino ma facciamo qualche considerazione generale:

Le idee ci sono tutte, con gli spunti di fantasia di sto film come minimo ai giorni d'oggi ne sarebbe uscita una saga intera, insomma, i mostri sono fighissimi e carismatici, la città di Midian è una bellissima idea, il dio Baphomet e il culto anche, il fatto che si acquisiscano poteri sovrumani grazie a riti balordi pure.

C'è un "ma", il regista è un'idiota.
Ha messo in tavola almeno due mazzi di carte, ne ha pescata una e ha giocato un minuto e mezzo di partita alzandosi dal tavolo annoiato.

Il film è in pratica un inno a quanto un regista possa sprecare il suo talento, la trama che all'inizio pare veramente giusta è banalmente risolta poi in quattro e quattr'otto con una cazzo di battaglia tra REDNECK evidentemente UBRIACHI e mostri? Santa madonna uccidete quell'uomo, anzi, mettetelo a scrivere senza sosta e assumete un regista degno di tale nome, per dio!

Un ultimo insulto verso l'idea dell'antagonista del film, un imbecille senza fantasia dai testi imbarazzanti, va odiato non per la sua malvagità ma per il fatto che non è nessuno, manco fosse minimamente interessante c'è buona parte del film dedicata alla sua figura e alle sue malefatte, ma sinceramente chi cazzo se ne frega?Fateci vedere altri mostri, riti satanici, anguille, poteri strani e bestie demoniache!

Alla fin fine è un B movie, c'è tutto, effetti speciali mediocri, idee sprecate, personaggi imbarazzanti, attori anche peggio e una trama fin troppo lineare.

A voi le votazioni.

lunedì 11 aprile 2011

Dies Irae

Il film che presentiamo oggi è una delle maggiori opere di Carl Theodor Dreyer, regista danese operante dagli anni '10 ai '50. È sì il quarto film sonoro del regista, ma il parlato è sfruttato con parsimonia: i silenzi sono tanti e lunghissimi, i dialoghi recitati sottovoce, proprio per amplificare le poche, ma intense, urla di dolore.


Dies Irae si sviluppa lentamente, nella Danimarca del 1600, partendo dalla fuga dell'anziana Marte Herloff, accusata di stregoneria, dalla giovanissima moglie del pastore, Anne. Anche la madre di Anne era stata tacciata di stregoneria, ma il pastore Absalon era riuscito a proteggerla: in nome dell'antica solidarietà fra le due streghe, la ragazza si convince che sia giusto nascondere la vecchia.
Alla storia di Marte è parallela la vicenda del ritorno a casa di Martin, figlio di primo letto di Absalon, che intreccerà una relazione clandestina con Anne, intensificando ancora di più l'odio della suocera, che dall'inizio disprezza la vitalità della giovane Anne.
Con la scoperta di Marte e la sua condanna a morte (una delle scene più intense del film, che ne richiama anche il titolo: il Dies Irae è il requiem che viene intonato dal coro di bambini durante il rogo), Anne comincia a prendere interesse per le arti magiche ed è qui che parte il dubbio che si trascinerà anche oltre la fine del film: è Anne una strega, oppure le “prove” di questa sarebbero soltanto delle inquietanti casualità?
È a questo che Dreyer probabilmente voleva portare: al dubbio, allo storico dubbio sull'esistenza della stregoneria, che non sarà risolto nemmeno dalla disperazione finale di Anne, che da sola si condanna al rogo, dimostrando la verità o la menzogna della sua accusa.


Una piccola curiosità: il film è annoverato tra le proiezioni a cui erano obbligati gli impiegati ne “Il secondo tragico Fantozzi”, quindi potete capire quanto pesante possa risultare il film!

Buona visione!

lunedì 4 aprile 2011

Anche i nani hanno cominciato da piccoli

Il film di cui andremo a parlare è la terza produzione del tedesco Werner Herzog, reso noto al pubblico al festival di Cannes del 1970.
L'ambientazione spagnola è tra le più aspre ed impervie, il complesso di edifici dove si svolgono i fatti narrati è circondato da un paesaggio semi desertico, memore di antiche eruzioni vulcaniche.
Premessa sui personaggi: tutti, nessuno escluso, sono affetti da nanismo di vario genere, nessuno di essi è un attore professionista.


La prima scena è un campo medio su Hombre, la
cui presenza e risata (quasi isterica) ci accompagneranno per tutto il film, in un anonimo stanzone vuoto, impegnato a metter per il verso giusto un cartello con scritta una serie numerica.
Stacco, seconda scena: una gallina ne becchetta un'altra, morta, ed inizia ad inghiottirne le piume.
Si ritorna su Hombre e subito il dialogo ci porta in mezzo ad un interrogatorio e ad un flashback a mostrarci gli eventi passati.
Il film continuerà sulla stessa linea, dove il grottesco sfocia nell'inquietante, nel malato, nel macabro; la solita indiscutibile classe di Herzog insomma.
A scandire la pellicola ci sono solo tanti silenzi e due sole canzoni alternate, a richiamare forse l'ambientazione ispanica, sono canzoni popolari, probabilmente locali.
Non abbiamo un tema specifico, come dichiarato dallo stesso regista, ma la semplice narrazione di una vicenda, sebbene, nonostante questo, credo sia impossibile non vedere qualcosa di più in questo microcosmo avvolto da una spirale di violenza che si fa sempre più stretta ed asfissiante.


A voi.